Anche nel mondo imprenditoriale si manifesta il fenomeno delle «culle vuote». C’è un numero crescente di comuni italiani – 478, contro i 374 di dieci anni prima e i 212 del 2004 – in cui, nel 2024, non è nata alcuna impresa. Il dato, che si ricava dalle rilevazioni di Movimprese elaborate da Unioncamere e InfoCamere sulla base del Registro delle imprese delle Camere di commercio, non allarma ma preoccupa.
In generale – riferisce Il Sole 24 Ore – il saldo tra nascite e cessazioni aziendali è ancora in area positiva, ma c’è una preoccupante accelerazione delle chiusure. Nello scorso anno ci sono state 322.835 iscrizioni di nuove attività, mentre sono state 285.979 le cessazioni di attività esistenti. Così, il tasso di crescita della base imprenditoriale si attesta al +0,62%, contro il +0,70% del 2023. Un trend che, salvo nel triennio del Covid, rappresenta il minimo storico degli ultimi 20 anni, confermando indirettamente l’affanno che colpisce il tessuto produttivo.
Per quanto riguarda i settori, oltre l’80% della crescita annuale – pari a 29mila aziende – si concentra in soli tre macro-settori: attività professionali, scientifiche e tecniche con +10.845 imprese e un tasso di crescita del 4,40% su base annua. Seguono le costruzioni con 10.636 nuove imprese (+1,27%) e, infine, i servizi di alloggio e ristorazione, con +8.125 aziende (+1,78%).
«Oltre all’aspetto della denatalità di impresa in alcuni territori, un andamento che crea disparità tra le nostre regioni – spiega Andrea Prete, presidente di Unioncamere – vanno valutate ed approfondite le cause che stanno portando a una riduzione della base imprenditoriale di alcuni settori cardine della nostra economia, come il commercio, l’agricoltura e il manifatturiero. Positiva invece la crescita di diversi comparti dei servizi, a partire dalle attività professionali, scientifiche e tecniche».
Dal punto di vista territoriale, i dati Movimprese evidenziano segnali di crescita in tutte le quattro macro-aree, anche se ovunque con dinamiche più attenuate rispetto al 2023. In termini assoluti, il contributo più significativo è venuto dal Mezzogiorno (+13.684 imprese), ma in termini relativi la componente più dinamica è stata l’area del Centro Italia (+0,80%), sostenuta dalla spinta decisiva del Lazio (+1,63%). Complessivamente, 15 regioni italiane hanno chiuso l’anno con un saldo positivo (erano 17 nel 2023).