Nel 2023, le banche italiane hanno eliminato dai bilanci posizioni a sofferenza per circa 9 miliardi. Il dato emerge dall’indagine annuale sulle cessioni di crediti classificati a sofferenza condotta dalla Banca d’Italia e conferma il recente trend sull’andamento dei crediti deteriorati. Quel dato è inferiore a quello del 2022 sia in termini assoluti (22 miliardi), sia di incidenza percentuale sulle sofferenze in essere alla fine dell’anno precedente (44% contro il 64%).
La riduzione rispetto al 2022 è stata determinata principalmente dalle cessioni (passate da 18 a 5 miliardi) ed è riconducibile al progressivo ridimensionamento delle consistenze, che ha ridotto le esigenze di cessioni massive in presenza – spiega via Nazionale – di strategie di gestione dei crediti deteriorati basate su un contributo più equilibrato delle altre leve gestionali, come il recupero interno.
Rispetto agli anni precedenti, il ricorso alle cartolarizzazioni in rapporto al totale delle cessioni è stato limitato, anche in considerazione del fatto che dal 14 giugno del 2022 non sono più disponibili le garanzie pubbliche (GACS). In diminuzione – segnala il report di Bankitalia – sono state anche le cessioni di inadempienze probabili (UTP), pari a 4 miliardi, in calo di 3 miliardi rispetto al 2022.
La ricognizione annuale di via Nazionale permette anche di avere informazioni sui tassi di recupero delle sofferenze e sui prezzi di cessione medi dei portafogli passati di mano.
Il tasso di recupero medio è, nel complesso, leggermente aumentato dal 34,4% del 2022 al 36,3% del 2023 perché è sostanzialmente aumentato il numero di posizioni non oggetto di cessione, per i quali i tassi di recupero sono molto maggiori (in media il 45,2% nel 2023), rispetto ai portafogli ceduti per i quali il tasso di recupero si è attestato nel 2023 al 30,4%.