Società calcistiche: sproporzionato escludere gli strumenti del codice della crisi

È la tesi esposta dall’avv. Eugenio Bissocoli, già esperto designato nella composizione negoziata della Sampdoria

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Photo Pexels da Pixabay

Escludere gli strumenti di composizione negoziata delle crisi per le società calcistiche è sproporzionato e rischia di influenzare negativamente la libertà d’impresa in un importante settore economico e sociale. È la tesi esposta dall’avv. Eugenio Bissocoli, già esperto designato nella composizione negoziata della Sampdoria, in un intervento scritto per La Repubblica.

Lo scorso primo luglio – ricorda Bissocoli – sono entrate in vigore alcune modifiche alle norme organizzative dell’ordinamento calcistico (NOIF) che prevedono l’esclusione dal calciomercato delle società che ricorrono agli strumenti del Codice della Crisi per rimediare alle proprie difficoltà finanziarie. In particolare, la FIGC ha previsto che, nel caso di accesso ad uno strumento di regolazione della crisi con continuazione dell’attività in capo alla stessa società indebitata (c.d. continuità diretta), le società di calcio non possano acquistare calciatori nelle eventuali sessioni di mercato che si tengano in pendenza del procedimento di omologa e nelle due sessioni (estiva e invernale o viceversa) successive alla pubblicazione del provvedimento di omologa da parte del Tribunale. Tali modifiche inaspriscono ulteriormente le sanzioni della FIGC applicabili alle società di calcio che ricorrono agli strumenti del Codice della Crisi. Già nell’aprile 2023, infatti, la FIGC, spinta anche dalla necessità di chiarire il quadro normativo applicabile al risanamento della Reggina e della Sampdoria, aveva previsto che, nel caso di ricorso ad uno strumento di regolazione in continuità diretta, l’acquisizione dei calciatori sarebbe stata possibile solo se gli impegni economico-finanziari da assumere nella stagione fossero coperti con il saldo positivo derivante dalla cessione dei calciatori intervenute nella sessione di calciomercato.

Inoltre, sempre con la modifica dell’aprile 2023, la FIGC aveva confermato che non è percorribile il risanamento di una società di calcio tramite la cessione dell’azienda in esercizio; il presidente federale, infatti, revoca l’affiliazione in caso di ricorso ad uno strumento di regolazione della crisi che preveda una procedura in “continuità aziendale indiretta” (qual è il caso della continuazione dell’impresa da parte del cessionario dell’azienda) ovvero con finalità liquidatoria.

L’unico contesto giuridico nel quale le NOIF consentono la cessione dell’azienda calcistica è la liquidazione giudiziale (ex fallimento) della società cedente ma nel rispetto di stringenti condizioni (essenzialmente la cessione deve avvenire ad una società avente sede nel medesimo comune della cedente, che abbia ottenuto l’affiliazione alla FIGC, dimostri adeguatezza finanziaria e patrimoniale e ottenga il rilascio di una fideiussione bancaria o assicurativa a prima richiesta a garanzia del pagamento dell’intero debito sportivo trasferito con l’azienda calcistica).

La decisione della FIGC di sanzionare il ricorso agli istituti di regolazione della crisi in continuità diretta con il blocco degli acquisti nel calciomercato nasce da una proposta della Lega di Serie A e di Serie B del dicembre 2023 finalizzata a contenere gli effetti distorsivi causati dalla partecipazione ai campionati da parte di società che, a seguito dell’omologa ottengono uno stralcio (e/o una dilazione) del proprio debito e, quindi, un risparmio finanziario da reinvestire nell’attività calcistica. Nel 2023 la ristrutturazione del debito di società calcistiche è stata effettuata per tre importanti squadre: la Reggina (iscritta al campionato di serie B 2022/23), la Sampdoria (iscritta al campionato di Serie A 2022/23 e retrocessa in Serie B alla fine di tale campionato) e il Genoa (iscritto al campionato di Serie B 2022/23 e poi promosso in Serie A alla fine della stagione).

Tali società, ricorrendo all’accordo di ristrutturazione del debito hanno ristrutturato complessivamente oltre 300 milioni di euro debiti (di cui circa euro 165 milioni di debito erariale e previdenziale); nel caso della Reggina la ristrutturazione, peraltro, non è andata a buon fine ed è sfociata nella liquidazione giudiziale a seguito del diniego di iscrizione al campionato di serie B 2023/24. A prescindere dalle ragioni sottese alle modifiche delle NOIF del 1° luglio scorso, il divieto di acquistare le prestazioni sportive dei calciatori per diverse sessioni mercato costituisce un’evidente limitazione all’attività caratteristica dell’impresa calcistica e, quindi, di un “diritto soggettivo” (lo svolgimento dell’attività d’impresa). A ben vedere, però – ha osservato ancora Bissocoli – è l’intero impianto sanzionatorio previsto dalle NOIF in caso di crisi finanziaria delle società di calcio ad apparire eccessivamente restrittivo oltre che incoerente con l’evoluzione normativa a livello nazionale ed europeo del diritto della crisi degli ultimi 15 anni (che valorizza la continuità aziendale e considera la liquidazione giudiziale un’extrema ratio).