All’appello mancano circa 60 miliardi di euro. Nei bilanci del primo semestre 2024 le prime sei banche commerciali italiane (Intesa Sanpaolo, Unicredit, Banco Bpm, Monte dei Paschi di Siena, Bper, Credem) hanno erogato crediti per 1.176,365 milioni di euro. Il medesimo valore all’inizio di quest’anno era leggermente superiore: 1.183,124 milioni. Se risaliamo al 1° gennaio 2023 troviamo un totale erogato di 1.234,932 milioni di euro. Il che significa che in 18 mesi il flusso di finanza che dalle sei principali banche italiane è arrivato all’economia reale del Paese è diminuito di 58,567 miliardi di euro. A indicare le cifre è un articolo de Il Corriere della Sera secondo cui, ad allargare il campo di osservazione all’ultimo decennio, i valori diventerebbero davvero preoccupanti. In questa prospettiva però, da una parte c’è una discesa vera, una parte è attribuibile ad attività di razionalizzazione successive alle fusioni che hanno interessato il settore bancario, mentre una terza parte fondamentale è rappresentata da cessioni di crediti verso operatori specializzati, come si è oggi abituati a fare nei confronti degli Npl, i Non performing loans che vengono ceduti a banche specializzate e che arricchiscono il perimetro del cosiddetto shadow banking.
Tornando all’ultimo anno e mezzo resta una flessione evidente, che si registra anche nelle aree più dinamiche del Paese. «Abbiamo la fortuna di rappresentare una provincia virtuosa – dice Paolo Steparava, amministratore delegato dell’omonima azienda e vicepresidente di Confindustria Brescia, con delega a credito, finanza e fisco – per cui la nostra lettura talvolta risulta più soft rispetto a determinati fenomeni. Ma se è vero che il rallentamento che prevedevamo a inizio anno non è stato così deciso come si temeva, dall’altra parte i segnali di difficoltà non mancano. L’aumento dei tassi di interesse e il rallentamento dell’economia hanno portato anche nell’industria diffuse frenate. Il mismatch tra il flusso di cassa generato dalle aziende e l’elevato livello dei tassi ha appesantito le attività. Specie quelli di determinati settori. Nei consumi, ad esempio, il rallentamento è più evidente. Nell’automotive, ambito nel quale opera la mia azienda, ci sono imprese che hanno visto cali di fatturato nell’ordine del 30 per cento, specie nel segmento della componentistica base». Lo si percepisce dagli indici di deterioramento del credito. Nel bresciano, nei primi tre mesi del 2024 il tasso ha raggiunto il 2,1 per cento; era allo 0,9 per cento dodici mesi prima. Anche questo ha influito sulla dinamica dei prestiti. Nel recente Booklet presentato da Confindustria Brescia, è scritto che, «nella sola provincia, a fine marzo 2024 lo stock dei prestiti a disposizione delle imprese industriali ammontava a 9,9 miliardi di euro, con una flessione del 12,8% rispetto al medesimo periodo dell’anno precedente», quando toccava gli 11,3 miliardi.
A livello di regione Lombardia al 31 marzo l’erogato toccava 63,4 miliardi, contro i 67,1 precedenti. Su questi dati di evidente frenata possono avere influito diversi fattori. Il rallentamento generale dell’economia, prima di tutto, soprattutto per quei settori che si rapportano con il mercato tedesco, in pesante e prolungata crisi. Ma poi possono insistere altri elementi, come la cosiddetta attesa strategica. Solo all’inizio di quest’anno si prospettavano sei tagli dei tassi da parte della Federal Reserve americana e un comportamento non dissimile da parte della Banca centrale europea. Otto mesi dopo si è registrata solamente una limatura di un quarto di punto da parte della Bce. Ma chi ha inizio anno stava valutando un investimento industriale e poteva permetterselo, ha probabilmente riprogrammato l’operazione al 2025 in attesa del realizzarsi di migliori condizioni sul mercato del credito: perché indebitarsi a gennaio se da ottobre posso farlo a tassi molto più convenienti? Questo è stato, a grandi linee, il pensiero di diversi imprenditori, anzi di molti di coloro che potevano rinviare gli investimenti. «Un fenomeno che si fa sempre più strada – conclude Steparava – non solo nel Bresciano, è quello dell’autofinanziamento. L’imprenditore rinuncia ai dividendi per rispondere con le proprie forze, con la cassa generata dal proprio business, a tassi di finanziamento che appaiono troppo elevati». E anche questo comprime i valori dell’erogato. Su tutto però pesa l’incertezza.
Le variabili geopolitiche degli ultimi due anni, il peso delle elezioni (Europa, Usa) e l’inflazione che solo ora mostra un deciso percorso di ritracciamento, hanno tenuto tutti con il fiato sospeso. Ma ora che il percorso di discesa del costo della vita appare avviato con decisione gli operatori aspettano che anche la Bce ne prenda atto.