Alla vigilia del probabile taglio dei tassi d’interesse da parte della FED Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, si è espresso sulla tenuta del debito pubblico Usa. “A noi pare poco sostenibile“, ha spiegato a Il Sole 24 Ore. “Al ritmo corrente, il debito/PIL americano salirà di circa venti punti nei prossimi dieci anni e ancora di più se dovesse esserci una recessione nel frattempo. E non sono proiezioni solo nostre, lo dice il Congressional Budget Office. Qualsiasi altro Paese vedrebbe un’esplosione dei propri interessi sul debito a fronte di un aumento del genere. Il mercato è ancora disposto a dare credito all’eccezionalismo americano, per cui valuta e debito rimangono sostenuti dagli acquisti nonostante una leva finanziaria sempre più alta. Ma non escludiamo un momento della verità nei prossimi anni”.
“Al momento il debito americano – ha aggiunto il finanziere – è stimato intorno a $30,000 miliardi. Un numero grande circa come l’economia Usa, ma che può ancora essere assorbito dai grandi compratori internazionali. In dieci anni sarà circa il 60% in più, 50,000 miliardi. Con il passare del tempo e l’aumentare della dimensione, la presenza di grandi compratori globali sarà sempre più importante“.
Negli ultimi vent’anni, nessuna moneta se non il dollaro ha saputo proporsi come “valuta di riserva globale”. Per questa ragione, secondo il fondatore di Algebris, le tanto temute grandi vendite di debito americano da parte di Cina o Giappone non si sono mai materializzate. Qualcosa però, si sta muovendo. La Russia è stata costretta ad adottare un sistema basato sullo yuan, e altri Paesi asiatici stanno facendo esperimenti in questo senso. Le autorità cinesi sono sempre più attente alla stabilità della moneta, e il Giappone sta ricominciando ad alzare i tassi di interesse dopo vent’anni di repressione finanziaria.
Ulteriore elemento di preoccupazione è anche il fatto che dopo il Covid, la politica americana si è abituata all’assenza di vincoli di bilancio. “Nel 2023, il deficit Usa è stato 7% del PIL, nonostante crescita al 3% e disoccupazione sotto il 4%. In altre parole, si è speso molto anche se non ce n’era bisogno. Le piattaforme dei due candidati riflettono questa tendenza: Harris più dal lato della spesa, Trump più dal lato delle tasse. Tutti vogliono spendere e stimolare l’economia, nessuno guarda ai conti pubblici. Come sappiamo bene in Europa, può essere un campanello d’allarme”.